L’EVENTO MAGICO NEL PERCORSO ESOTERICO – ORDINE E CAOS

 L’epifania magica

“Ho finito per credere a così tante cose strane, per esperienza, che non vedo ragione di mettere in dubbio la verità di molte cose che esulano dalla mia esperienza; e magari ci sono esseri che vigilano su quell’antico segreto, come afferma tutta la tradizione, e non tollerano, e fors’anche puniscono, discorsi troppo disinvolti. […] Più di una volta, poi, proprio durante la stesura di questo saggio mi sono sentito a disagio e ho stralciato un paragrafo, non per ragioni letterarie, bensì perché un episodio o un simbolo che forse non avrebbe significato niente per il lettore mi era parso, chissà mai perché, rientrare tra le cose occulte”
(Magia, W.B. Yeats)

Le coincidenze non esistono. È ciò di cui si rende conto qualunque iniziato quando comincia a diventare tale, perché già le vicissitudini che lo porteranno a cominciare un percorso esoterico non hanno nulla di casuale. E di questo è certo, perché solo lui vive la sua vita e ha il diritto di dare più o meno significato e senso alle cose che lo circondano.

Oltre un senso di perfezione esattamente esprimibile, gli avvenimenti inizieranno ad accadergli con una precisione ed una sincronicità tale da fargli sfiorare la follia. La bellezza dell’ordine della sua vita, sia che si tratti di tragedie che di lieti eventi, lo atterriranno tanto da costringerlo per giorni ad una contemplazione che sfocerà nella rimuginazione ossessiva, e in alcuni casi, i più gravi, nella paranoia. Ma chi può dire cosa sia la pazzia? E chi si sentirebbe in diritto di privare un uomo delle sue passioni, chiamandole ossessioni?

“Ritengo che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana di mettere in correlazione tutti i suoi contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza nel mezzo del nero mare dell’infinito, e non era destino che navigassimo lontano. Le scienze, ciascuna tesa nella propria direzione, ci hanno finora nuociuto ben poco; ma, un giorno, la connessione di conoscenze disgiunte aprirà visioni talmente terrificanti della realtà, e della nostra spaventosa posizione in essa che, o diventeremo pazzi per la rivelazione, o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di un nuovo Medioevo”.
(Il Richiamo di Chtulhu, H.P. Lovecraft)

L’uomo non avvezzo all’opera concepisce l’evento magico come qualcosa che esula dalla meccanica naturale delle cose scientificamente monitorabili. Ma così non è. L’evento magico, inteso come epifania dello Spirito del Macrocosmo Mondo nel Microcosmo Uomo, è un evento che rientra comunque nelle dinamiche della natura fisica, ma ciò che lo rende magico è il significato che assume nella vita di chi ne fa esperienza. Il suo tempismo, quando è compreso diventa coincidenza, quando incompreso, è un miracolo.

Così, un fulmine che colpisce un albero a pochi metri da un uomo, scampato per poco al pericolo, sembrerà al passante una terribile sventura, ma per quell’uomo, attento studioso della lama 16, La Torre, rappresenterà un’esperienza che lo porterà a consapevolizzare il senso e il movimento simbolico più profondi dell’Arcano Maggiore.

Ma il mondo è ordine e caos allo stesso tempo.

È ordinato in quanto le cose vi accadono secondo delle leggi sempre valide, è caotico in quanto le variabili di ciò che può accadere e la loro sequenza, sono talmente illimitate da risultare perlopiù imprevedibili.

Caos e ordine non sono rappresentativi di un ente al livello metafisico, così come non esistono eventi o manifestazioni che rappresentino di per sé l’ordine o il caos. Ma ordine e caos sono due filtri attraverso i quali noi percepiamo gli eventi stessi.

Il vulcano ha la stessa dignità di esistere della prateria, e rispetto ad essa non è più caotico né meno ordinato.

L’operatività magico-esoterica.

Quando iniziai a praticare la “magia” credevo di essere null’altro che qualcosa di potente.
Ma credendomi Dio, divenni molto di più, divenni Uomo.

Nella pratica magico- esoterica si può disporre dei propri talenti come si vuole, essi sono solo strumenti. Ma l’esperienza mi ha insegnato cosa è meglio volere, e cosa invece è meglio tacere perfino a sé stessi (e fortunatamente non lo ha insegnato solo a me, o quasi, purtroppo). Ciò lo dico perché ad un certo punto del percorso iniziatico è bene arrivare a capire che è inutile accanirsi ad usare la magia nel mondo circostante per ottenere ciò che vogliamo capricciosamente. In una condizione ideale dovremmo usare la magia su noi stessi per distaccarci da cosa ci fa stare male e ci confina alla natura terrena. Solo in quest’ultimo caso potremmo dire di fare Alta Magia pratica esoterica.

E il Satana mi disse: ”Vieni, con me non sentirai più il freddo né la fame; ti riscalderò e darò da mangiare.”

Al che risposi “Finché sarò suscettibile ai bisogni lo sarò anche alle mancanze, e la soddisfazione alimenterà la mia illusione.”

Allora il Satana si trasformò nel Daimon e disse: “Vieni, e con me non sentirai più il freddo né la fame, perché con grande forza hai maturato il distacco dal freddo e dalla fame. Ora che ti sono indifferenti potrai riscaldarti e saziarti quanto vuoi. Questo il vero senso della mortificazione dell’ego.”

Solo dopo che avremmo allenato la nostra volontà a desiderare correttamente potremmo toglierci qualche sfizio passato. Ma sempre per esperienza, dico che nel momento in cui avremmo potuto ottenere magicamente qualcosa, si sarà esaurito in noi il desiderio di ottenerla. E soprattutto avremmo perso il senso intrinseco di desiderare il male, soprattutto degli altri. Pregate per il bene delle persone, che di male se fanno già abbastanza da sole.

Possiamo evocare – invocare – giocare a far traballare tavolini accendendo candele e pronunciando qualche nome, ma senza un serio lavoro di distacco dal proprio falso ego con cui ci identifichiamo ogni giorno, non può esserci nessun reale avanzamento spirituale.

Finché opereremo senza fede e senza amore, ma solo con la brama di ottenere, non saremo mai noi a cavalcare la Bestia, ma sarà la Bestia a farsi un giro con noi sopra.

“Il cinismo, la tristezza, e la risata sono i privilegi del mago.”
(Liber Null, Peter J. Carroll)

L’interruzione.

Ho imparato che la frase più pericolosa che può pronunciare un occultista è “Io non pratico nulla”. Perché l’esatto significato di questa frase è che chi la sta pronunciando ha raggiunto un livello tale da ottenere senza chiedere, attraverso un percorso operativo che ha svolto precedentemente.

Ed è esattamente quello che fa di te un Mago:
Il Mago chiede senza chiedere.
Il Mago riceve, dalla vita direttamente,
non tanto ciò che vuole, ma ciò di cui ha bisogno.

Ad un certo punto del percorso del Mago, tra coloro che saranno degni di arrivarvi, sarà solo l’immagine a lavorare dentro di lui e trovare un canale diretto con la volontà del Creatore, per poi farsi realtà. Sarà dall’interno di sé un richiamo fulmineo, istantaneo e diretto, dal regno della volontà a quello della manifestazione.

Tuttavia alcuni percorsi possono fermarsi prima del tempo e per altre motivazioni. A volte, arrivati all’Abisso ci si ferma per un po’ sulla soglia a guardarlo. L’intenzione è quella di rimanere umani ancora per un po’, la paura è di uscirne totalmente snaturati una volta colto il reale senso delle cose, e forse è per quello che le pause o le interruzioni definitive di un percorso iniziatico sono sempre molto sentite anche da chi non le vive in prima persona: perché c’è qualcuno a ricordarci che il pericolo più grande in cui possiamo incorrere facendo tutto questo è quello di perdere noi stessi.


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