Passaggio di stato. Attraverso Binah e le Tre Illusioni – forma, nomi e tempo.


dedicato al mio Guardiano di Da'at

I.
Dinnanzi a me, l’immensità del deserto. Ed io, avendo camminato scalza sulla sabbia bollente, ho capito il valore delle scarpe. Ora, è scesa la notte, e con lei, la neve, nel deserto – sono io quel deserto – sono  il deserto che aspettava la neve.
Dopo essermi fatta Signora della Settima Lama del Taro, ed essendomi sacrificata sulla forca come l’Appeso  secondo l’antico mistero del 12, mi attende il Terzo Settenario: passaggio obbligatorio, il 15 (Il Diavolo) e il 16 (La Torre).
II.
C’è qualcosa che nessun fratello né sorella mi ha detto, che quando si lavora operativamente se ne risente anche, e soprattutto, fisicamente. Nell’esatto momento, posteriore all’intensa purificazione che ha trasmutato ogni brandello di questo misero corpo, mi guardo le mani: non percepisco più la realtà come prima – vedo senza vedere con gli occhi, odo senza ascoltare;  perfino il sapore dei cibi appare insignificante e non passa, non entra più dentro, come prima. Nulla entra più dentro. Al suo posto, ciò che di più potente ho mai provato: un fuoco sacro, una potenza calma, la forza del forte e la virtù del santo – la vita che si basta da sé.

Mi ritrovo così all’improvviso e solo ora, nelle parole di Pietro Negri che tante volte ho letto:
“[…] Fu il rovesciamento completo della ordinaria sensazione umana; non solo l’io non aveva più l’impressione di essere contenuto, comunque localizzato, nel corpo; non solo aveva acquistato la percezione della incorporeità del proprio corpo, ma sentiva il proprio corpo entro di sé, sentiva tutto sub specie interioritatis.“ (Introduzione alla Magia a cura del Gruppo di Ur, ed. Mediterranee Roma, vol.1)

Si può continuare a vivere così, una volta essere diventati questo? Vivere da non-umani, trascesi, nel mondo, senza essere del mondo? Poi , all’improvviso me ne rendo conto: che è questa la vita, non quella di prima. Il resto, tutto questo, è simulazione della carne, una Matrix organica e deperibile. Questa pesante verità,  spietata consapevolezza, è  accompagnata da una grande, immensa compassione per tutti “gli altri”, quelli che ho intorno: che camminano intorno a me, nelle strade, mi si siedono affianco, sugli autobus, al cinema, in università, mangiano con me: loro lo sentono ancora il sapore del cibo. Li vedi anche tu? Sì. Che non ti guardano, involucri vuoti con gli occhi vacui, li strattoni per svegliarli, ma rimangono immobili. E non ti resta che amarli, e allora lì, rileggi il Vangelo e capisci, che forse ha senso, porgere l’altra guancia a qualcuno che cammina ancora, ma non sa di essere già morto.

III.
Quanto ho studiato in questi due anni? Tanto. Forse troppo, rispetto anche a quanto tempo di meno ho dedicato agli studi universitari. E cosa ricordo di quello ho studiato? Quasi niente a parole – io ho fatto tutto quello che ho studiato: le meditazioni, i rituali, le canalizzazioni, i diari, le divinazioni…  solo così ho potuto capire ciò che leggevo, anche se a volte ho dovuto aspettare: i tempi del Mondo non sono i tempi dello Spirito.

Ho imparato a farmi scivolare tutto addosso, che proprio come i miei cinque sensi corporei trasmutati, nulla deve entrare dentro per davvero. Nessun sentimento o pensiero scaverà in me così profondamente da ridiventare ossessione – o larva – oh, quanto ho combattuto contro i mostri creati da me stessa! Specchi dei miei desideri umidi a cui non sapevo dire basta con la volontà secca. Ora ho capito come devo fare, e so far avverare i desideri.

Durante le mie guerre sempre, ho ricordato le parole di Abraxa:
“Non devi distruggere il sentimento, ma devi distruggere la torbida tua adesione ad esso, cioè la voluttà, il desiderio e l’avversione, l’angoscia nel sentire. Purìficati da tali scorie: sciogliti dal vincolo del cuore, fatti, nel sentire, aperto, libero, senza timore e senza grettezza.” (Introduzione alla Magia a cura del Gruppo di Ur, ed. Mediterranee Roma, vol.1)

È il desiderio che uccide l’uomo, e la volontà lo rende immortale. Esiste una volontà che deve essere più forte delle altre: vincere sé stessi. Poiché quando si vince sugli altri si è forti, ma quando si vince su sé stessi si è invincibili. Come insegna l’edonismo, si deve riuscire a godere senza dipendere dal piacere, perché è nel godere senza attaccamento che risiede la felicità e il senso intrinseco della vita.

IV.
È passato un anno dalla disillusione delle promesse di Tiphareth. Arrivata Geburah, ha spazzato ogni mia convinzione pregressa, assottigliando ancora di più la maschera che separava ciò che ero da ciò che mi piaceva pensare di essere:
“Quando abbiamo appreso a ubbidire e a renderci conto del valore delle esperienze restrittive, abbiamo preso la prima delle iniziazioni Geburah; e quando abbiamo imparato a perdere la nostra vita al fine di trovarla, abbiamo preso la seconda. Esiste un certo tipo di coraggio che non teme la disgregazione, perché esso sa che tutti i principi spirituali sono indistruttibili, e finché permangono gli archetipi, ogni cosa può essere ricostruita. Geburah è distruttivo soltanto per ciò che è temporale; esso è il servitore di ciò che è eterno; in quanto, allorché mediante l’attività corrosiva di Geburah tutto ciò che è impermanente è stato eliminato, le realtà esterne e incorporee brillano in tutta la loro gloria, e ogni linea è rivelata.” (La Cabala Mistica, Dion Fortune)

È stato un lavoro emotivamente e psicologicamente duro, da cui sono potuta uscirne lucida solo grazie alla forza ordinatrice di Chesed: martello e scalpello, sgretolare e soffiare via la polvere, togliere il superfluo e dar forma a ciò che rimane:
“Geburah e Gedulah debbono lavorare insieme; mai l’uno senza l’altro. Dobbiamo adorare il Dio delle Battaglie come il Dio dell’Amore affinché l’elemento combattivo nell’universo non si distacchi dalla sua lealtà all’Unico Dio, Io Sono Colui Che Sono.” (La Cabala Mistica, Dion Fortune)

Geburah e Chesed, per qualche mese, come ho detto,  frusta e spada. Poi, è arrivata la rosa, Binah.
Binah è la consapevolezza (lett. “intelligenza”), la Grande Madre, legata a Saturno/Crono in quanto è la sfera in cui la Luce, da Keter, viene racchiusa nella forma, nel tempo e nei nomi.
Binah è stata l’accettazione finale di ciò che sono, attraverso un lavoro conoscitivo e operativo su due archetipi: la parte terrifica e incontrollabile del Femminino Sacro, e il Lucifero, quale principio complementare alla figura del Cristo.

“Tutto il buio dell’Universo, non riuscirà a spegnere la luce della candela”

Tutto il buio che ero, mi controllava.  Adesso, tutto il buio che sono, controllo.
Il distacco emotivo dalle dinamiche personali, il dolore fisico, le modificazioni corporali, e il controllo degli impulsi e delle energie sessuali: questi gli strumenti, le esperienze grazie alle quali sono riuscita a raggiungere quel accentramento di me in me, necessario a ciò che mi aspetta ora. Non più dolore, lo sento ancora, sì, ma passa subito, non più amore passionale, non attacca il sentimento. E quando Crowley diceva “Sono la Bestia 666” adesso capisco cosa intendeva, sono diventata anche io la Bestia.

Non mi sento più degna di prima, né più pura, anzi, scevra da ogni sovrastruttura materiale e immateriale, guardandomi allo specchio ho provato anche disgusto, nel vedere ciò che sono nella mia essenza: un ingorgo buio e capriccioso di feroce volontà. Bisogna imparare ad accettarsi per ciò che si è, e arrivata a conoscermi così a fondo, ci sono lati che speravo fossero convertibili, invece ho scoperto essere parte della mia natura più intima.

Faccio ciò che voglio, è la mia legge.

“L’esperienza spirituale che è apportata dall’iniziazione nella sfera di Geburah è la Visione di Potere. Soltanto quando un uomo l’ha ricevuta egli diviene un Adepto Maggiore. La corretta manipolazione del potere è una delle maggiori prove che possa essere imposta ad un essere umano. […] Con il grado di Adepto Maggiore, però, egli deve acquisire le virtù del superuomo e imparare a esercitare il potere invece di sottomettersi ad esso. Ma anche così, egli non è una legge per se stesso, in quanto egli è il servo del potere che esercita e deve adempire i suoi scopi, non servire i propri. Anche se non più responsabile nei riguardi degli altri uomini, egli è ancora responsabile verso il Creatore del cielo e della terra e gli verrà richiesto di dar conto del suo ufficio.

La sua è grande libertà; ma anche grande sforzo. Egli può pronunciare la parola di potere che scatena il vento, ma deve essere preparato a cavalcare il turbine che lo segue. Questa è una cosa di cui il mago dilettante non sempre si rende conto.” (La Cabala Mistica, Dion Fortune)

È cresciuto il mio distacco, ed è cresciuto parallelamente all’influenza che ho su ciò che mi circonda: mi basta vedere come reagiscono le persone quando le guardo negli occhi per capire che qualcosa è andato come doveva andare. E adesso, completamente purificata dalle influenze esterne, accresciuta la mia volontà, sotto l’influenza di Binah, ciò che immagino si incarna nella materia, passando attraverso le gabbie dello spazio e del tempo.

“Binah, la Grande Madre, chiamata qualche volta Marah, il Grande Mare, è chiaramente la Madre di Tutti i Viventi. Essa è l’utero archetipale attraverso il quale la vita viene nella manifestazione. Qualsiasi cosa fornisce una forma per servire la vita come un veicolo appartiene a Lei. Occorre ricordare, comunque, che la vita confinata in una forma, sebbene sia in tal modo nelle condizioni di organizzare e così evolversi, è molto meno libera di quanto lo fosse quando era illimitata (anche se non organizzata) sul suo proprio piano. Il coinvolgimento in una forma è di conseguenza il principio della morte della vita. Essa è restrizione e limitazione; vincolo e costrizione. La forma controlla la vita, l’ostacola, e tuttavia la rende capace di organizzare. Dal punto di vista della forza che si muove liberamente, l’incarceramento in una forma è estinzione. La forma disciplina la forza con una severità spietata.” (La Cabala Mistica, Dion Fortune)

Attraverso Binah, ho acquisito il potere sulla sfera materiale e astrale e la perdita delle loro illusioni:
attraverso Binah ho perso i miei nomi, sciogliendomi dal valore che davo al loro significato, ma che mi frammentavano in tante maschere separandomi dalla mia vera essenza, quella dell’Uno. Attraverso Binah ho preso consapevolezza dell’illusorietà della forma, vivendo il mio corpo, modificandolo e sottomettendolo al dolore. Infine, attraverso Binah, ho finalmente capito che il tempo è la più grande delle illusioni, e la più dolorosa delle disgrazie, ma che non importa che dove ci sia amore ci sia anche morte, Spirito chiama Spirito, della stessa sostanza, in eterno.

Chi sa amare oltre la vita, sa vivere oltre la morte.
Quando conoscerai il Mondo,
ne avrai paura.
Ma quando l’avrai capito,
lo amerai.

Ophelia “Sophia” Della Cattedrale

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