Teurgia - Introduzione all'uso degli archetipi nell'operatività


Secondo definizione Archetipo è: “ Primo esemplare assoluto ed autonomo”.
Un Archetipo dunque, è ciò che è più vicino all’Uno ma che allo stesso tempo, è disponibile per poter essere recepito e/o utilizzato dall’essere umano sui tre piani:  materiale, astrale e spirituale.
In ogni cultura ritroviamo degli archetipi ricorrenti, dei simboli che ogni tradizione ha emulato dalla Natura - figure elementali alla base delle forme più complesse del Mondo.
La croce ad esempio, un simbolo formato da due linee incrociate ortogonalmente, la ritroviamo in ogni contesto, dalle pitture rupestri all’occultismo del ‘900. Lo stesso vale per cerchi, triangoli, quadrati. A noi pare scontato perché sono figure che ci ritroviamo ogni giorno sotto gli occhi fin da bambini, ma il fatto che esista un triangolo così come un quadrato o un cerchio, non è così scontato. 

In Magia si opera con gli archetipi, semplici o complessi. Se sono semplici sono idee o pensieri, se sono complessi assumono una loro indipendenza e divengono esseri archetipici, più o meno evoluti. Così come la cellula singola è dipendente da un corpo animale o vegetale, mentre l'animale o il vegetale è un essere vivente di per sé, dato da un insieme di cellule.

Per operare con un archetipo bisogna entrare in contatto con esso.
Non posso spiegarvelo a parole, dovete FARLO. Prendete un foglio e disegnatevi un cerchio. Mettetelo davanti voi. Fate caso al fatto che il vostro cervello riconosce la figura ed elabora la parola: CERCHIO. Ora, facciamo un passo indietro. Il momento immediatamente dopo che riconoscete la figura, ma immediatamente prima che il cervello si attivi e la trasformi in parola: quello è l'Archetipo. Ciò che percepite è l' essenza dell'archetipo, e nel momento in cui la percepite siete entrati in contatto con esso. Con l'esercizio, abituatevi a  prolungare quel momento, quella fase percettiva di ricordo del simbolo già presente in voi, e potrete operare con esso. L'archetipo, infatti, ci rende quella sensazione, che riporta alla luce il vero movimento, senso, significato di un simbolo, già presente nella nostra profonda immensità – l’archetipo è la linea sottile, il confine, che collega il nostro microcosmo umano al macrocosmo universale.

Sentirsi sempre più uno strumento durante il rito, piuttosto che un operatore, è il segno che abbiamo integrato in archetipi dentro noi stessi i simboli che usiamo, perché iniziamo a percepirci non più solo operatori rispetto al nostro microcosmo, ma anche strumenti rispetto il macrocosmo. Non a caso l’uomo è considerato l’anello di congiunzione tra Dio e la Creazione, e il reggente in Terra di quest’ultima:
“Infatti nessuno degli dèi celesti scenderà sulla terra, abbandonando il confine del cielo, l’uomo invece sale al cielo e lo misura, sa che cosa nel cielo si trova in alto e cosa in basso, e apprende anche tutte le altre cose esattamente. Per di più non deve lasciare la terra per accedere alle altezze del cielo: di tale misura è la sua grandezza. Bisogna dunque osare dire che l’uomo terreno è un dio mortale e che il dio celeste è un uomo immortale.  Attraverso questi due, il mondo è l’uomo, tutte le cose sono; ma tutto è stato generato dall’Uno.”
(Corpus Hermeticum, X-25)  

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